ELEZIONI 2004. RITORNI & DEBUTTI. Sospeso a divinis e scomunicato, è stato espulso anche dalla confraternita di Lefebvre: «Ma il vero disobbediente è il Papa»
Don Tam: «La mia tonaca? Una camicia nera taglia XXL»
Dice messa per Mussolini e corre alle Europee con la nipote Alessandra. «Rosario e manganello» il suo motto anti-Islam
«E adesso per gli islamici / adesso arriva il bello / Rosario e manganello! / Rosario e manganello!». Se la gode, Giulio Maria Tam, il «prete» che dice messa per Benito Mussolini e si candida alle Europee con sua nipote Alessandra, a veder l' effetto che fa canticchiando sull' aria di Papaveri e papere la sua canzonetta catto-fascista: «E' bella o no?». Ride. Fa l' occhiolino. Appioppa una pacca sulle spalle da stendere un bue. E riparte sull' aria di Aveva un bavero con un' altra strofetta delle sue: «Lui col turbante color zafferano / lei col chador color ciclamino / fin dalla Mecca a Lodi e a Milano / per conquistare la nostra società!». Zia Angela Maria, a vederlo, sarebbe proprio orgogliosa. Terziaria domenicana, aveva dedicato la vita a Dio e al Duce, faceva l' ausiliaria nella Repubblica di Salò e venne fucilata alla fine della guerra («senza processo») dai partigiani. Così come vennero fucilati parte dei suoi «eroi». Preti neri come don Gino Artini, don Angelo Baroni, fra Galdino, don Alberico Manetti, don Antonio Bruzzesi, fra Ginepro da Pompeiana. O don Ettore Civati, centurione della Milizia, volontario in Albania, podestà in Valtellina e fascista così fascista da finire spretato e diventare funzionario del Minculpop. O su tutti don Tullio Calcagno, il prete scismatico che teorizzò una sua idea di cattolicesimo fascista, diede vita alla rivista Crociata italica, finì sospeso a divinis e scomunicato ed arrivò a un punto tale di rottura con la Chiesa che, davanti al plotone di esecuzione, rifiutò perfino il conforto di un sacerdote. Anche lui, «don» Giulio Maria Tam, in realtà non è «don». Non lo è mai stato. Figlio di un impiegato comunale democristiano, mamma democristiana, un fratello più o meno leghista, un altro deputato alla Regione Lombardia per i Democratici di Sinistra tra i quali è finito con i cristiano-sociali di Pierre Carniti, altri due vagamente di centrodestra, è diventato fascista quando aveva quindici anni ed era già avviato a diventare un colosso di quasi due metri con le spalle a due ante e le mani enormi. Attivista di Alleanza Cattolica, vedeva la Chiesa conciliare come una banda di mollaccioni senza spina dorsale. Va da sé che, quando lo Spirito Santo lo chiamò, lui avvertì la chiamata come un mussoliniano monito: «a noi!». E si andò a rinchiudere nel seminario di Ecône fondato dal vescovo Marcel Lefebvre. Presi i voti (scismatici) nel 1980, ha girato mezzo mondo come missionario dei cattolici ultra-tradizionalisti nemici del Concilio Ecumenico Vaticano II: due anni in Italia, due in Svizzera, due in Messico, due in Spagna, due in Francia... Sempre più duro, sempre più nero. Al punto che quando nel 2000 avvenne il tentativo di un riavvicinamento tra gli eredi del monsignore ultra-tradizionalista e la Chiesa, lui si oppose con tale cocciutaggine da essere buttato fuori dalla Fraternità: era troppo estremista anche per loro. E adesso? «Ho un piccolo priorato a casa mia». Nonostante la sospensione a divinis e la scomunica? «Sono un disobbediente, ma la mia messa è valida. Il problema disciplinare non tocca il valore del sacerdozio. Disobbediente, poi... Disobbediente a chi?». Per lui è il Papa, il vero disobbediente: «Disobbedisce a tutti i papi che l' hanno preceduto. Tranne Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo I, s' intende. Quei modernisti. Liberté, egalité, fraternité: ecco dov' è la radice del male». Nella Rivoluzione Francese? «Ovvio: nella Rivoluzione Francese! Il problema è il relativismo etico. Dal divorzio passi all' aborto, dall' aborto all' eutanasia, dall' eutanasia all' omicidio...». Non starà esagerando? «Per niente: col relativismo sai dove cominci ma non dove finisci. Se tutto è relativo anche l' omicidio può starci». E non andategli a dire che questo Papa tutto pare meno che modernista: «Chi? Karol Wojtyla? Scherziamo? Qualche pseudo-restaurazione c' è stata. Ma solo per gettare polvere negli occhi. Basta guardare Ratzinger». Non dirà che è un progressista! «Si è travestito da tradizionalista per fare meglio la sua parte. Lui è la quinta colonna dei modernisti! La quinta colonna!». I camerati, figurarsi, per lui stravedono. Tanto più da quando ha cominciato a dire in giro, più o meno scherzosamente, che per lui la tonaca «è una camicia nera XXL lunga fino al calcagno». Generoso, si dà a tutti. Celebra messe solenni per l' anima del Capoccione a Predappio. Benedice i fez e i gagliardetti. Si fa fotografare mentre sventola il tricolore nella versione di Salò o addirittura mentre leva il braccio nel saluto romano. Come facevano i preti fascisti che in piazza Venezia, sotto gli occhi del Duce, furono immortalati in una celebre copertina della Domenica del Corriere. Mai un dubbio? Mai. E rinfaccia al Papa di avere chiesto «troppe volte scusa» e lo accusa di avere «baciato il Corano» e non gli perdona di aver sospirato sulla violenza delle Crociate e rifiuta l' ecumenismo e rimpiange la chiesa guerriera che teneva in una mano il Vangelo e nell' altra la spada. E se denuncia l' America per avere aggredito l' Iraq «accendendo un incendio in tutto il Medio Oriente», tuona però che «l' Islam è il nemico, l' Islam è l' invasore, l' Islam è il pericolo per tutta la società occidentale ma a un certo punto viva l' Islam, perché man mano che penetra dentro le nostre città e i nostri Paesi ci costringerà a riscoprire la vera fede. E a difenderla con tutti i mezzi». Ridacchia: «Ma se li immagina i comunisti? Cacciati dalla invasione maomettana saranno costretti a chiedere asilo agli Stati Uniti!». Ma basta adesso, è arrivata la grigliata mista. Maiale, pollo, galletto, manzo, salsiccia mista: «Visto che il Signore ci ha dato tutte queste creature, godiamocele!».E affonda la forchetta con l' appetito di chi sa di avere molto da riempire. Le canzoni, per ora, almeno fino al caffè e alla grappa, possono aspettare: «Col pugnale e con la bomba / nella vita del terrore / quando l' obice rimbomba / non mi trema in petto il cuore!». Gian Antonio Stella
Stella Gian Antonio
Don Tam: «La mia tonaca? Una camicia nera taglia XXL»
Dice messa per Mussolini e corre alle Europee con la nipote Alessandra. «Rosario e manganello» il suo motto anti-Islam
«E adesso per gli islamici / adesso arriva il bello / Rosario e manganello! / Rosario e manganello!». Se la gode, Giulio Maria Tam, il «prete» che dice messa per Benito Mussolini e si candida alle Europee con sua nipote Alessandra, a veder l' effetto che fa canticchiando sull' aria di Papaveri e papere la sua canzonetta catto-fascista: «E' bella o no?». Ride. Fa l' occhiolino. Appioppa una pacca sulle spalle da stendere un bue. E riparte sull' aria di Aveva un bavero con un' altra strofetta delle sue: «Lui col turbante color zafferano / lei col chador color ciclamino / fin dalla Mecca a Lodi e a Milano / per conquistare la nostra società!». Zia Angela Maria, a vederlo, sarebbe proprio orgogliosa. Terziaria domenicana, aveva dedicato la vita a Dio e al Duce, faceva l' ausiliaria nella Repubblica di Salò e venne fucilata alla fine della guerra («senza processo») dai partigiani. Così come vennero fucilati parte dei suoi «eroi». Preti neri come don Gino Artini, don Angelo Baroni, fra Galdino, don Alberico Manetti, don Antonio Bruzzesi, fra Ginepro da Pompeiana. O don Ettore Civati, centurione della Milizia, volontario in Albania, podestà in Valtellina e fascista così fascista da finire spretato e diventare funzionario del Minculpop. O su tutti don Tullio Calcagno, il prete scismatico che teorizzò una sua idea di cattolicesimo fascista, diede vita alla rivista Crociata italica, finì sospeso a divinis e scomunicato ed arrivò a un punto tale di rottura con la Chiesa che, davanti al plotone di esecuzione, rifiutò perfino il conforto di un sacerdote. Anche lui, «don» Giulio Maria Tam, in realtà non è «don». Non lo è mai stato. Figlio di un impiegato comunale democristiano, mamma democristiana, un fratello più o meno leghista, un altro deputato alla Regione Lombardia per i Democratici di Sinistra tra i quali è finito con i cristiano-sociali di Pierre Carniti, altri due vagamente di centrodestra, è diventato fascista quando aveva quindici anni ed era già avviato a diventare un colosso di quasi due metri con le spalle a due ante e le mani enormi. Attivista di Alleanza Cattolica, vedeva la Chiesa conciliare come una banda di mollaccioni senza spina dorsale. Va da sé che, quando lo Spirito Santo lo chiamò, lui avvertì la chiamata come un mussoliniano monito: «a noi!». E si andò a rinchiudere nel seminario di Ecône fondato dal vescovo Marcel Lefebvre. Presi i voti (scismatici) nel 1980, ha girato mezzo mondo come missionario dei cattolici ultra-tradizionalisti nemici del Concilio Ecumenico Vaticano II: due anni in Italia, due in Svizzera, due in Messico, due in Spagna, due in Francia... Sempre più duro, sempre più nero. Al punto che quando nel 2000 avvenne il tentativo di un riavvicinamento tra gli eredi del monsignore ultra-tradizionalista e la Chiesa, lui si oppose con tale cocciutaggine da essere buttato fuori dalla Fraternità: era troppo estremista anche per loro. E adesso? «Ho un piccolo priorato a casa mia». Nonostante la sospensione a divinis e la scomunica? «Sono un disobbediente, ma la mia messa è valida. Il problema disciplinare non tocca il valore del sacerdozio. Disobbediente, poi... Disobbediente a chi?». Per lui è il Papa, il vero disobbediente: «Disobbedisce a tutti i papi che l' hanno preceduto. Tranne Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo I, s' intende. Quei modernisti. Liberté, egalité, fraternité: ecco dov' è la radice del male». Nella Rivoluzione Francese? «Ovvio: nella Rivoluzione Francese! Il problema è il relativismo etico. Dal divorzio passi all' aborto, dall' aborto all' eutanasia, dall' eutanasia all' omicidio...». Non starà esagerando? «Per niente: col relativismo sai dove cominci ma non dove finisci. Se tutto è relativo anche l' omicidio può starci». E non andategli a dire che questo Papa tutto pare meno che modernista: «Chi? Karol Wojtyla? Scherziamo? Qualche pseudo-restaurazione c' è stata. Ma solo per gettare polvere negli occhi. Basta guardare Ratzinger». Non dirà che è un progressista! «Si è travestito da tradizionalista per fare meglio la sua parte. Lui è la quinta colonna dei modernisti! La quinta colonna!». I camerati, figurarsi, per lui stravedono. Tanto più da quando ha cominciato a dire in giro, più o meno scherzosamente, che per lui la tonaca «è una camicia nera XXL lunga fino al calcagno». Generoso, si dà a tutti. Celebra messe solenni per l' anima del Capoccione a Predappio. Benedice i fez e i gagliardetti. Si fa fotografare mentre sventola il tricolore nella versione di Salò o addirittura mentre leva il braccio nel saluto romano. Come facevano i preti fascisti che in piazza Venezia, sotto gli occhi del Duce, furono immortalati in una celebre copertina della Domenica del Corriere. Mai un dubbio? Mai. E rinfaccia al Papa di avere chiesto «troppe volte scusa» e lo accusa di avere «baciato il Corano» e non gli perdona di aver sospirato sulla violenza delle Crociate e rifiuta l' ecumenismo e rimpiange la chiesa guerriera che teneva in una mano il Vangelo e nell' altra la spada. E se denuncia l' America per avere aggredito l' Iraq «accendendo un incendio in tutto il Medio Oriente», tuona però che «l' Islam è il nemico, l' Islam è l' invasore, l' Islam è il pericolo per tutta la società occidentale ma a un certo punto viva l' Islam, perché man mano che penetra dentro le nostre città e i nostri Paesi ci costringerà a riscoprire la vera fede. E a difenderla con tutti i mezzi». Ridacchia: «Ma se li immagina i comunisti? Cacciati dalla invasione maomettana saranno costretti a chiedere asilo agli Stati Uniti!». Ma basta adesso, è arrivata la grigliata mista. Maiale, pollo, galletto, manzo, salsiccia mista: «Visto che il Signore ci ha dato tutte queste creature, godiamocele!».E affonda la forchetta con l' appetito di chi sa di avere molto da riempire. Le canzoni, per ora, almeno fino al caffè e alla grappa, possono aspettare: «Col pugnale e con la bomba / nella vita del terrore / quando l' obice rimbomba / non mi trema in petto il cuore!». Gian Antonio Stella
Stella Gian Antonio
CORRIERE DELLA SERA 8-06-2004