Friday, 27 August 2010

DON TAM DICE MESSA PER MUSSOLINI

ELEZIONI 2004. RITORNI & DEBUTTI. Sospeso a divinis e scomunicato, è stato espulso anche dalla confraternita di Lefebvre: «Ma il vero disobbediente è il Papa»

Don Tam: «La mia tonaca? Una camicia nera taglia XXL»


Dice messa per Mussolini e corre alle Europee con la nipote Alessandra. «Rosario e manganello» il suo motto anti-Islam

«E adesso per gli islamici / adesso arriva il bello / Rosario e manganello! / Rosario e manganello!». Se la gode, Giulio Maria Tam, il «prete» che dice messa per Benito Mussolini e si candida alle Europee con sua nipote Alessandra, a veder l' effetto che fa canticchiando sull' aria di Papaveri e papere la sua canzonetta catto-fascista: «E' bella o no?». Ride. Fa l' occhiolino. Appioppa una pacca sulle spalle da stendere un bue. E riparte sull' aria di Aveva un bavero con un' altra strofetta delle sue: «Lui col turbante color zafferano / lei col chador color ciclamino / fin dalla Mecca a Lodi e a Milano / per conquistare la nostra società!». Zia Angela Maria, a vederlo, sarebbe proprio orgogliosa. Terziaria domenicana, aveva dedicato la vita a Dio e al Duce, faceva l' ausiliaria nella Repubblica di Salò e venne fucilata alla fine della guerra («senza processo») dai partigiani. Così come vennero fucilati parte dei suoi «eroi». Preti neri come don Gino Artini, don Angelo Baroni, fra Galdino, don Alberico Manetti, don Antonio Bruzzesi, fra Ginepro da Pompeiana. O don Ettore Civati, centurione della Milizia, volontario in Albania, podestà in Valtellina e fascista così fascista da finire spretato e diventare funzionario del Minculpop. O su tutti don Tullio Calcagno, il prete scismatico che teorizzò una sua idea di cattolicesimo fascista, diede vita alla rivista Crociata italica, finì sospeso a divinis e scomunicato ed arrivò a un punto tale di rottura con la Chiesa che, davanti al plotone di esecuzione, rifiutò perfino il conforto di un sacerdote. Anche lui, «don» Giulio Maria Tam, in realtà non è «don». Non lo è mai stato. Figlio di un impiegato comunale democristiano, mamma democristiana, un fratello più o meno leghista, un altro deputato alla Regione Lombardia per i Democratici di Sinistra tra i quali è finito con i cristiano-sociali di Pierre Carniti, altri due vagamente di centrodestra, è diventato fascista quando aveva quindici anni ed era già avviato a diventare un colosso di quasi due metri con le spalle a due ante e le mani enormi. Attivista di Alleanza Cattolica, vedeva la Chiesa conciliare come una banda di mollaccioni senza spina dorsale. Va da sé che, quando lo Spirito Santo lo chiamò, lui avvertì la chiamata come un mussoliniano monito: «a noi!». E si andò a rinchiudere nel seminario di Ecône fondato dal vescovo Marcel Lefebvre. Presi i voti (scismatici) nel 1980, ha girato mezzo mondo come missionario dei cattolici ultra-tradizionalisti nemici del Concilio Ecumenico Vaticano II: due anni in Italia, due in Svizzera, due in Messico, due in Spagna, due in Francia... Sempre più duro, sempre più nero. Al punto che quando nel 2000 avvenne il tentativo di un riavvicinamento tra gli eredi del monsignore ultra-tradizionalista e la Chiesa, lui si oppose con tale cocciutaggine da essere buttato fuori dalla Fraternità: era troppo estremista anche per loro. E adesso? «Ho un piccolo priorato a casa mia». Nonostante la sospensione a divinis e la scomunica? «Sono un disobbediente, ma la mia messa è valida. Il problema disciplinare non tocca il valore del sacerdozio. Disobbediente, poi... Disobbediente a chi?». Per lui è il Papa, il vero disobbediente: «Disobbedisce a tutti i papi che l' hanno preceduto. Tranne Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo I, s' intende. Quei modernisti. Liberté, egalité, fraternité: ecco dov' è la radice del male». Nella Rivoluzione Francese? «Ovvio: nella Rivoluzione Francese! Il problema è il relativismo etico. Dal divorzio passi all' aborto, dall' aborto all' eutanasia, dall' eutanasia all' omicidio...». Non starà esagerando? «Per niente: col relativismo sai dove cominci ma non dove finisci. Se tutto è relativo anche l' omicidio può starci». E non andategli a dire che questo Papa tutto pare meno che modernista: «Chi? Karol Wojtyla? Scherziamo? Qualche pseudo-restaurazione c' è stata. Ma solo per gettare polvere negli occhi. Basta guardare Ratzinger». Non dirà che è un progressista! «Si è travestito da tradizionalista per fare meglio la sua parte. Lui è la quinta colonna dei modernisti! La quinta colonna!». I camerati, figurarsi, per lui stravedono. Tanto più da quando ha cominciato a dire in giro, più o meno scherzosamente, che per lui la tonaca «è una camicia nera XXL lunga fino al calcagno». Generoso, si dà a tutti. Celebra messe solenni per l' anima del Capoccione a Predappio. Benedice i fez e i gagliardetti. Si fa fotografare mentre sventola il tricolore nella versione di Salò o addirittura mentre leva il braccio nel saluto romano. Come facevano i preti fascisti che in piazza Venezia, sotto gli occhi del Duce, furono immortalati in una celebre copertina della Domenica del Corriere. Mai un dubbio? Mai. E rinfaccia al Papa di avere chiesto «troppe volte scusa» e lo accusa di avere «baciato il Corano» e non gli perdona di aver sospirato sulla violenza delle Crociate e rifiuta l' ecumenismo e rimpiange la chiesa guerriera che teneva in una mano il Vangelo e nell' altra la spada. E se denuncia l' America per avere aggredito l' Iraq «accendendo un incendio in tutto il Medio Oriente», tuona però che «l' Islam è il nemico, l' Islam è l' invasore, l' Islam è il pericolo per tutta la società occidentale ma a un certo punto viva l' Islam, perché man mano che penetra dentro le nostre città e i nostri Paesi ci costringerà a riscoprire la vera fede. E a difenderla con tutti i mezzi». Ridacchia: «Ma se li immagina i comunisti? Cacciati dalla invasione maomettana saranno costretti a chiedere asilo agli Stati Uniti!». Ma basta adesso, è arrivata la grigliata mista. Maiale, pollo, galletto, manzo, salsiccia mista: «Visto che il Signore ci ha dato tutte queste creature, godiamocele!».E affonda la forchetta con l' appetito di chi sa di avere molto da riempire. Le canzoni, per ora, almeno fino al caffè e alla grappa, possono aspettare: «Col pugnale e con la bomba / nella vita del terrore / quando l' obice rimbomba / non mi trema in petto il cuore!». Gian Antonio Stella

Stella Gian Antonio
CORRIERE DELLA SERA 8-06-2004
Sunday, 5 April 2009BNP deputy leader addresses international fascist rally

Simon Darby-Deputy Leader of BNP greeted by fascist salutes in Milan

The deputy leader of the British National Party has spoken at an international fascist rally alongside a man convicted of a terrorism offence and a convicted Holocaust denier.

Simon Darby claims he addressed a 400-strong audience in Milan today (5 April). Representatives of extreme-right parties in Germany, France, Romania, Hungary and Cyprus were expected to take part in the meeting.

Darby, who flew out to Italy this morning, heads the BNP’s European election candidates’ list for the West Midlands, a region in which the party could win a seat. He has a “Mr Clean” reputation in a party in which many leading activists have criminal convictions, a nazi past or both.

The rally was titled: “Our Europe; Peoples and Traditions Against Banks and Big Powers”, a change from the original, “Our Europe; Peoples and Traditions Against Banks and Usury”. The term “usury” is traditionally used by Nazis against Jews and it may have been altered to avoid accusations of antisemitism.

It had been booked at a major conference centre in Milan, but widespread protests from MEPs and Italian partisan veterans, as well as a 20,000-strong petition forced its move to a private hotel.

The meeting was organised by Forza Nuova, whose leader Roberto Fiore, was convicted in Italy in 1985 for “subversive association” for his involvement in the Armed Revolutionary Nuclei. Two members of that organisation were convicted for the Bologna railway station bombing in August 1980 which killed 85 people, including two British tourists, Catherine Mitchell and John Kolpinski, and left over 200 wounded. It was the biggest postwar terrorist attack in Europe.


Roberto Fiore

Fiore became an MEP after Alessandra Mussolini, granddaughter of the Italian fascist dictator, resigned her seat to take up a post in the Italian government. He has been a friend, financial supporter and political mentor to BNP leader Nick Griffin since 1980, when Fiore arrived in Britain on the run from justice in Italy.

Fiore helped Griffin run the National Front “political soldiers”, described at the time as a “proto-terrorist organisation”. When the political soldiers collapsed, they went on to found a new fascist group, the International Third Position.

Alongside his political activities Fiore amassed a huge fortune through business interests in London and later around the world. They included operating as a slum landlord and exploiting people brought in from eastern Europe, Italy and Spain, whom he passed on to gang masters to work on the land and in food processing plants.

Fiore was also one of the founders of the extremely violent Hammerskins skinhead movement, part of the nazi music and football hooligan gangs responsible for violence on the terraces. They have strong links with one of the most vicious fascist football hooligan gangs in Europe, the Roma Ultras, who recently attacked English football fans, stabbing one. Their most infamous episode was when they unfurled a banner down one side of their home stadium with the words “Jews to Auschwitz”.

Hammerskins members recently marched through Bergamo in northern Italy armed with sticks and metal bars and with helmets on their heads. At their head were Fiore and Father Giulio Tam, a priest revered by Spanish falangistas and Italian fascists, who blessed the FN’s new headquarters in the town. Father Tam was in the audience at the Milan rally.


Don Giulio Tam The Fascist saluting priest

Fiore is closely associated with the Catholic Society of St Pius X, in which Bishop Richard Williamson was a leading light. In January 2009 in a television interview Bishop Williamson denied the existence of the Nazi gas chambers, a statement that caused a scandal when the Pope lifted his longstanding excommunication a week later.

Also in prime position on the platform with Darby was Bruno Gollnisch. An MEP for the French National Front, Gollnisch was given a three-month suspended prison sentence in January 2007 for denying the Holocaust. He was also fined €5,000.

The court, in Lyon, found he had “disputed a crime against humanity” in remarks he made during a news conference in the city in October 2004. Gollnisch, who was chair of the Identity Tradition and Sovereignty far-right official group in the European Parliament, had questioned the number of Jews who died in the Holocaust and said the “existence of the gas chambers is for historians to discuss”.

In April last year, just three days before polling day in the London Assembly election, in which the BNP won one seat, Griffin brought Gollnisch and other European extremists to a private meeting in a South Kensington hotel.

The meeting took place at a time when Griffin, a long-time Jew-hater who has a conviction for race hate, had approached the Jewish community in a bid to form a united front against Muslims, an invitation that the Jewish community firmly rejected.

Euro Fascists Together

Despite the BNP’s anti-EU stance, Griffin is keen to build links with European far-right parties, hoping that if he is elected as an MEP, he will be able to join a far-right bloc. If enough far-right MEPs can put aside their nationalist rivalries and form an official group in the European Parliament, they will benefit from a further €1 million a year on top of their salaries and staffing and expenses allowances. They would also be entitled to committee positions and enhanced speaking rights.

In October Griffin addressed an open-air rally of the Hungarian hardline fascist Jobbik party and its private army heavy mob, the Hungarian Guard, in Budapest. Griffin has been flirting with the Hungarian fascists since May when he met the Jobbik representatives Bela Kovacs and Zoltan Fuzessy in London.

Jobbik, also known as the Movement for a Better Hungary, is strongly anti-Jewish. Although the BNP has courted the Jewish community and denies it is antisemitic, Darby said recently on a radio broadcast that BNP MEPs would welcome cooperation with Jobbik.

A few days after his return from Hungary Griffin was cementing his relationship with the tiny anti-immigration, anti-Muslim and anti-Romani Czech National Party (NS) by addressing its rally to celebrate Czech independence. Griffin’s trip, accompanied by several BNP activists, followed the visit by the NS leader, Petra Edelmannová, to the BNP’s Red White and Blue festival last August.

That Darby has now joined Griffin in linking up with these far-right extremists in Europe shows that the BNP is still an out-and-out fascist and antisemitic party, despite the fine words and smart suits of its leaders.


KIRKLESS UNITY 5-04-2009

FATHER GIULIO TAM NO LONGER A MEMBER OF OCIETY SAINT PIUS X

Fr. Giulio Tam is not a member of Society of Saint Pius X. Fr. Giulio Tam left the society in 2001 according to the FSSPX German website:

In den Medien kursiert augenblicklich eine Fehlmeldung:

"Mit dem Faschistengruß hat der als rechtsextrem bekannte Pater Giulio Tam der erzkonservativen Pius-Bruderschaft (FSSPX) in Italien Aufsehen erregt."Pater Giulio Tam hat die Priesterbruderschaft (FSSPX) aber bereits 2001 verlassen, da unter anderem wegen seiner politischen Ansichten unüberbrückbare Meinungsverschiedenheiten zwischen ihm und seinen Oberen bestanden. Pater Giulio Tam hat die an ihn von den Oberen gestellten Bedingungen nicht erfüllen wollen.Pressedienst der Priesterbruderschaft St. Pius X.

ROMAN CATHOLIC IMPERIALIST

Tuesday, April 28, 2009Fr.
Il lungometraggio «Fratelli d'Italia?» sulle leggi razziali uscirà il 24 aprile

«Scusi, lei sa cos'è il binario 21?»

Giovani discendenti dei deportati della Shoah fermano i passanti: si gira il documentario di Dario Barezzi

«Spaventa il pensiero di quanto potrà accadere fra una ventina d’anni quando tutti i testimoni saranno spariti. Allora i falsari avranno via libera, potranno affermare o negare qualsiasi cosa». Si apre con questa frase di Primo Levi sull’Olocausto il sito Internet www.binario21.org, creato per ricordare il drammatico giorno del 30 gennaio 1944, quando al binario 21 della Stazione Centrale di Milano più di 600 cittadini italiani di religione ebraica, tra cui una quarantina di bambini, furono caricati su un treno e portati nel campo di concentramento di Auschwitz. Una settimana dopo, il 6 febbraio, circa 500 di loro persero la vita nei forni crematori; pochissimi tornarono indietro.

A distanza di oltre 60 anni su quel binario, da cui continuarono a partire «convogli della morte» fino al maggio del 1944, si sta girando «Fratelli d’Italia?», lungometraggio sulle leggi razziali e sulla Shoah prodotto da Moving Image, promosso e finanziato dall’Assessorato alla Cultura della Provincia e destinato alle scuole, ma che potrebbe arrivare anche in tv e nei cinema. Le trattative per la distribuzione sono in corso, per ora l’unica cosa certa è la data di uscita, il prossimo 24 aprile, non a caso alla vigilia della Festa della Liberazione. Iniziate il 23 febbraio, le riprese proseguiranno fino a metà marzo.

A fare da set sia i locali sotterranei del Memoriale della Shoah, sia gli spazi in superficie della Stazione Centrale, freschi di restauro (e quindi riportati com'erano all'epoca) e animati dal consueto via vai di passanti, a tratti coinvolti nell’azione. «Il cast è composto quasi del tutto da discendenti di deportati, giovani che si rivolgono ad altri giovani per condividere l’impegno di far conoscere e di tramandare le vicende legate ai loro cari», spiega il regista Dario Barezzi, videomaker e consulente del reparto di cinematografia scientifica del Cnr di Milano. «L’idea è di mescolare vari tipi di linguaggio, cinematografico, documentaristico, teatrale, senza appoggiarci a una sceneggiatura, ma focalizzando l’attenzione sulle testimonianze dei protagonisti».

«Lei sa che cos’è il binario 21?». In questi giorni gli attori non professionisti del film stanno rivolgendo questa domanda a molte persone di passaggio in stazione. Un espediente narrativo per introdurre i loro racconti, che in un secondo momento saranno montati con immagini di repertorio e filmati d’epoca, con le testimonianze di alcune vittime della Shoah (per esempio Liliana Segre, oggi 78 anni, deportata ad Auschwitz all’età di 13) e con una ricostruzione in 3d dello stesso campo di Auschwitz e dei vagoni su cui venivano trasportati gli ebrei. «In un periodo in cui il negazionismo è dietro l’angolo e in cui persino esponenti della Chiesa arrivano a sostenere che le camere a gas venivano usate per disinfettare – continua Barezzi –, c’è un bisogno terribile di strumenti che aiutino a conservare la memoria di ciò che accadde sotto la dittatura di Hitler, tanto più che i sopravvissuti dell’Olocausto stanno pian piano scomparendo».

Raffaella Oliva

03 marzo 2009(ultima modifica: 09 marzo 2009)

CORRIERE DELLA SERA

DON GIULIO TAM E IL ROSARIO FASCISTA


Don Giulio Tam e il rosario fascista contro l’invasione islamica

PONTEDERA. Un rosario con tanto di benedizione finale «contro l´invasione islamica», preceduto dall´ inno nazionale italiano. L´ha recitato don Giulio Tam (noto anche per avere pregato contro la costruzione di una moschea) davanti a una cinquantina di simpatizzanti di Forza Nuova, che hanno usato riti e simboli cattolici per la battaglia politica contro gli immigrati, mentre corso Matteotti era presidiato da un centinaio di poliziotti e carabinieri. Il tabernacolo con la Madonna, a pochi metri dalla sede del movimento di estrema destra, è stato la prima sosta del sarcerdote invitato per guidare una fiaccolata che è stata vietata dal questore di Pisa per motivi di ordine pubblico.

Shopping blindato ieri, fin dalle quattro del pomeriggio con il centro presidiato dalle forze dell´ordine fino a notte. I giovani dei centri sociali e altri rappresentanti dell´ estrema sinistra e non solo si sono dati a loro volta appuntamento in città per protestare contro l´iniziativa di Forza Nuova. L´attesa del rosario di don Tam – arrivato poco dopo le 22 – è stata scandita dai cori di circa settanta giovani dei centri sociali e di estrazione e cultura antifascista che hanno contrapposto alle preghiere le parole e le note di "Bella ciao" oltre a slogan.

Alla fine Pontedera ha assistito alle richieste del sacerdote, compresa quella di «aggredire un nemico che cerca di distruggerci». «E´ il rosario quella mitragliatrice da 50 colpi per respingere questa civiltà» ha detto, riferendosi agli islamici, il sarcedote – sotto l´abito talare spuntavano scarpe modello anfibio – che vorrebbe unire rosario e manganello. Marzio Gozzoli, coordinatore di Forza Nuova, ha annunciato una stagione di lotta. Oggi dalle 16 alle 20 si replica e molto probabilmente il centro sarà di nuovo presidiato. Padre Tam terrà una conferenza nella sede del movimento. «La fiaccolata era contro la criminalità e il degrado a Pontedera – ha detto Gozzoli – vogliamo istituire un comitato cittadino per la sicurezza che raccolga anche elementi esterni al nostro movimento». Lo sciogliete le righe del prete ha trovato una città quasi deserta, infreddolita, estranea al rito, pronta a interrogarsi su una serata che lascia molte domande, comprese quelle relative ai costi sociali ed economici per la sicurezza e sugli estremismi che minacciano la convivenza civile.

Sabrina Chiellini

VATICANO BLOG

Posted on November 15, 2007 by porno

http://vaticano.noblogs.org/post/2007/11/15/don-giulio-tam-e-il-rosario-fascista-contro-l-invasione-islamica/
A Cremona danneggiata l' auto di un nostalgico. Alla commemorazione presente la figlia di Farinacci

Messa per Mussolini, contestano gli autonomi

L' area presidiata dalle forze dell' ordine. Il vescovo ha vietato di celebrare la funzione a un prete lefevriano

CREMONA
- La celebrazione religiosa di ieri nel cimitero di Cremona promossa dalle organizzazioni neofasciste per ricordare Mussolini, giustiziato i l 28 aprile di sessant' anni fa, poteva finire peggio per l' annunciata contromanifestazione degli autonomi. L' imponente schieramento delle forze dell' ordine ha impedito gravi disordini e i contestatori si sono dovuti accontentare di lanciare qualche petardo e danneggiare l' auto di un nostalgico. La cerimonia, come ogni anno, ha voluto commemorare anche Roberto Farinacci, « ras » di Cremona e fedelissimo del Duce, sepolto proprio nel cimitero cittadino e per questo era presente la figlia Adriana. Ad attizzare le polemiche già la vigilia su un quotidiano era comparso il seguente necrologio: « Muoiono gli uomini, non le idee: camerata Benito Mussolini, presente ! I fascisti cremonesi ricordano nel tuo nome i camerati assassinati » . Per evitare incidenti il sindaco Gian Carlo Corada aveva vietato durante la celebrazione l' esposizione di simboli del regime. Verso le ore 16 una ventina di persone, tra simpatizzanti e re duci, compresi alcuni che hanno militato nella Repubblica sociale, si sono ritrovati, tutti in camicia nera, al luogo previsto per la messa di suffragio. La funzione, in un primo tempo, doveva essere celebrata da don Giulio Tam, un prete lefevriano sospeso « adivinis » , cultore delle memorie di Mussolini e vicino ad Alternativa sociale, il partito della nipote del Duce. Ma il vescovo Dante Lafranconi ha posto il veto e così il compito è stato affidato al cappellano del camposanto, don Oreste Mori. La celebrazione si è svolta senza particolari problemi con le forze dell' ordine a blindare tutta l' area. Ma quando sulla tomba di Farinacci e su quella dedicata ai caduti della Rsi sono state deposte corone di fiori, « ricordo dei camerati cremonesi » , ai cancelli si è presentato un gruppo di un centinaio di autonomi cantando cori e slogan antifascisti. Poi sono stati lanciati dei petardi e, come risposta, dopo la benedizione del sacerdote, i nostalgici attraverso un registratore, hanno diffuso le note di " Battaglione M.", uno degli inni più conosciuti del ventennio. Il momento di maggiore tensione più tardi quando, ancora all' interno del cimitero, ha tenuto la commemorazione Arturo Seidenari, 70 anni, figlio di un consigliere del Duce. Alcuni autonomi, armati di bastoni, si sono avvicinati alla sua auto, parcheggiata davanti al cancello, ne hanno divelto gli specchietti, sfondato i vetri e, staccata dalla carrozzeria l' aquila mussoliniana, l' hanno fatta a pezzi. Il gruppetto, per lo più giovani dei centri sociali, si è poi dileguato ma grazie alle telecamere, la polizia è riuscita a fermare e identificare gli autori della bravata che rischiano la denuncia per danneggiamento. L' anziano neofascista, salendo sulla vettura e accendendo il motore, si è però quasi scusato con gli uomini della questura: « Oggi non posso proprio venire a denunciare quanto è successo » . Più tardi a Parma, infatti, lo aspettava un altro raduno di camicie nere. La scheda IL NECROLOGIO Il 28 aprile su un quotidiano è comparso un necrologio in ricordo del Duce: « Muoiono gli uomini, non le idee: camerata Benito Mussolini, presente! I fascisti cremonesi ricordano nel tuo nome i camerati assassinati » IL SINDACO Il sindaco Gian Carlo Corada ha vietato l' esposizione di simboli o immagini fasciste durante la messa. Ieri erano presenti bandiere della Rsi e camicie nere LA MESSA Il vescovo Dante Lafranconi ha proibito al prete lefevriano Giulio Tam, vicino ad Alternativa Sociale, di celebrare messa. Il compito è stato svolto dal cappellano del cimitero

Silla Andrea

Pagina 53
(1 maggio 2005) - Corriere della Sera

GIULIO TAM - UN ABBÉ LEFEBVRISTE OUVERTEMENTE NEOFASCISTE

(Source photos: la Repubblica)

FN (Forza Nuova), parti d'extême-droite neofascista inaugurait le 27 février son nouveau siège à Bergame (Italie). Un beau cortège d'une centaine de personnes, plutôt casquées ou masquées, n'en faisant qu'une: bras droit tendu et main gauche armée. À sa tête, "Don" Giulio Tam, abbé lefebvriste, un habitué du milieu: le 28 avril 2005, à Cremona, c'est lui qui déjà avait été pressenti pour célébrer la messe-hommage organisée par les néo-fascistes en l'honneur du Duce, Benito Mussolini, pour les 60 ans de son assassinat. "Les hommes meurent, pas les idées" disaient alors les participants nostalgiques. Effectivement. Mais même si cet honneur lui avait échappé, ce proche de Mgr Lefebvre n'a jamais cessé, selon La Repubblica, de "cultiver la mémoire de Mussolini" et d'être un sympathisant d'Alternativa Sociale (puis Azione Sociale) de la petite fille du Duce, Alessandra.

Un prêtre en chemise noire. "Et le prêtre bénit les compagnons de route* avec un salut romain" écrivait encore La Repubblica ce matin, relatant le cortège et ses échaufourrées, mais surtout remarquant la présence de Don Giulio Tam, que le journal décrit comme "menant une troupe para-militaire" peu avare de saluts fascistes dont s'échappe régulièrement le triste et fameux "Sieg Heil!".

Incidents. L'après-midi fut empreint de nombreux heurts avec les "centre sociaux" (généralement plutôt d'extrême-gauche), puis la police. Le tout se clôtura par des incidents en forme de chassé-croisé police/néo-fascistes en plein centre-ville, parfois même au milieu du trafic.

Lefebvriste, ou intégriste, traditionaliste, schismatique,... ?

"Monsieur l'Abbé Giulio Tam, membre de la Fraternité Sacerdotale Saint Pie X", ainsi le dénommait Mgr Lefèbvre dans ses derniers écrits du 4 Mars 1991 (quelques jours avant son décès) où il relevait que "Le Pape (nda: Jean-Paul II) lui-même diffuse désormais sans discontinuer les principes d'une fausse religion, qui a pour résultat une apostasie générale". L'abbé est aussi un pourfendeur notoire de l'Islam, qu'il entend attaquer au "rosaire" (qu'il compare à une "mitrailleuse lourde calibre 50"), et ses sympathies pour Alessandra Mussolini ou "Forza Nuova", dont les slogans se rapprochent de ceux du "FN" français ("Maison et travail aux Italiens", etc) ont clarifié depuis longtemps sa position. On a aussi remarqué qu'il porte parfois des chaussures de militaire sous sa soutane...

Du Vatican, silence, pour l'instant? Benoit XVI travaille depuis 20 ans à la « réconciliation interne au sein de l’Église ». Ce sont d'ailleurs les termes qu'il employa pour justifier la récente libéralisation (ou retour) de la messe en latin. Un prélude à la réintégration progressive et complète de tous les Lefebvristes? C'était déjà le cardinal Ratzinger, alors "préfet de la congrégation pour la doctrine de la foi" (l'ancienne Inquisition), qui négociait en 1987 avec Mgr Lefebvre pour réintégrer ces brebis égarées. C'est ce dernier qui fit échouer le possible accord au dernier moment, et pas le cardinal, qui appelait à la nomination d'un visiteur apostolique comme médiateur: "Il sera demandé à ce visiteur de recueillir des éléments d’information susceptibles de définir les termes d’une régularisation canonique de la Fraternité Sacerdotale Saint-Pie X (...) Le visiteur apostolique aura à répondre directement devant le Saint-Père de l’accomplissement de sa mission. Pour favoriser l’issue de cette mission, il a été convenu qu’une nécessaire réserve serait respectée au sujet de cette affaire."


L'abbé Tam a Chieti avec "FN" (29 Mars 2008)

Négationnisme. La "Fraternité Sacerdotale Saint Pie X", maison-mère du mouvement lefebvriste, avait, elle récemment pris les distances avec l'évêque négationniste Williamson...

Et pendant ce temps-là... "Milano, stazione centrale, binario 21".
À la gare centrale de Milan (un monumental hommage au fascisme realisé par Mussolini), des jeunes interrogent les passants: "Savez-vous ce qu'est le quai n°21?". Non, personne ne le sait. le 30 janvier 1944 en partait un convoi pour Auschwitz. Plus de 600 personnes dont 40 enfants, juifs. Plus de 500 d'entre eux étaient déjà morts 1 semaine après: La république de Salò, siège de la République sociale italienne (derniers avatar du fascisme) en fit partir des convois de la mort jusqu'en mai 1944. Une équipe, quasi-exclusivement composée de descendants de déportés y tourne actuellement un film pour ne pas l'oublier. Le temps passe, les témoins disparaissent, il y a urgence à raconter des histoires honteuses qui n'auront bientôt plus de témoins s'il fallait attendre l'autorisation de pouvoir en parler.

Les hommes meurent, mais pas la mémoire.

-a&c-


* "Camerati": de "cameràta", généralement traduit par "compagnon de route", nom que se donnaient les membres du parti fasciste. Vient de "chambrée" ou "cercle" (membre de).


(Source: La Repubblica (Milano))

LE POST 4-03-2009

AGLIO E CIPOLLA

FATHER GIULIO TAM IN A NEOFASCIST RALLY IN BOLOGNA

Neofascist priest Giulio Tam angers antifascists in Bologna

I first reported on Forza Nuova and their fascist priest Giulio Tam two weeks ago, highlighting their links with the BNP. Last month, Ulster Taig wrote that Tam is a candidate for the Bologna mayoral elections this June.

Now Assemble Anti-Fascista di Bologna reports [any translation errors are the responsibility of Seismic Shock]:

No-one legitimises the neofascists of Forza Nuova

Once again, the police in Bologna have allowed a public Forza Nuova speech, on May 28 at 6:30pm, in Piazza Galvani.

It is well-known that militants and leaders of Forza Nuova have distinguished themselves in Italy with violence, beatings, intimidation, attacks, acts of racism, anti-Semitism and sexism.

In Rimini, on September 25th 2007, the Rimini Forza Nuova group was stopped as it was about to make a squadrista (fascist) attack on the social centre Paz. “Violation of the Anti-Terror Law, kidnapping, possession of weapons and material praising the Third Reich …”: these are just some of the allegations involving eleven supporters and members of Forza Nuova di Rimini, including a provincial leader.

In Bologna, November 15 2008, some militants and a provincial leader of Forza Nuova attacked and savagely beat two students and a student returning from a graduation party in Piazza Santo Stefano, just because of their alternative style. One of the three was struck repeatedly in the face while on the ground, and suffered facial fractures and a pocket of blood behind the eye. He was operated upon in the emergency department of the maxillofacial surgery in Bellaria.

We do not need many more examples of the actions of the neo-fascist Forza Nuova, ready to speculate on any topic in order to spread fear and racial hatred.

However, it should be remembered that on December 1 2008, the municipal council of Bologna adopted a motion that calls on the Interior Minister “to outlaw the political movement Forza Nuova, for reconstruction of the Fascist party and for non-compliance with the rules of the Mancino law, as several leaders and activists of Forza Nuova have been involved more than once in incidents of racist and fascist violence (in Bologna, Rimini, Verona and other Italian cities).”

It should be noted that in other Italian cities public authorities have sought to ban demonstrations by neo-fascist parties. Thus, on 18th May 2009, the Venice City Council a motion that calls upon the chief of police not to authorise the Nazi event announced for May 30th by Fiamma Tricolore and Forza Nuova.

It should be remembered that even the Cardinal of Bologna Carlo Caffarra recently condemned racism and anti-Semitism of the mayor candidate of Forza Nuova, Don Giulio Tam, declaring him “incapable of understanding and wanting to understand.”

It should be remembered that on 28th February 2009, Don Giulio Tam performed the Nazi salute during a demonstration of Forza Nuova Bergamo, between rods, tricolour flags, and slogans like “Hang those who leave” and “Sieg Heil”. After that shameful parade, forty-one neo-fascists have been reported as, among other things, advocates for fascism.

Despite these and other relevant considerations, which cannot be held to be sectarian or extremist, the police of Bologna has always assured, in recent months, crowd space for citizen use by the neo-fascist party Forza Nuova.

While an order bans any self-organised demonstrations from using the historic city centre at weekends, whilst ordinary people are forbidden to even sit on the floor, while the use of truncheons against those who disagree is becoming more ‘normal’, the police of Bologna have, under the pretext of elections, authorised in recent months banquets of propaganda which are blatantly racist and xenophobic. There was no complaint for “incitement to racial hatred.”

The rally of Don Giulio Tam disturbs the civil conscience of this city, encourages squadrista deeds of racist and neo-fascists, restricts the personal freedom of many, and makes the area of Piazza Galvani dangerous.

It is unacceptable that this meeting should be authorised by the police of Bologna in opposition to the widespread feeling of this city: a city that rejects anti-Semitism, Islamophobia, homophobia, racism and sexism; a city that – from the Bologna massacre of August 2 1980 to the Uno Bianca gang – has paid a heavy price for the authoritarian policies of neo-fascists and their ilk in the state apparatus.

SEISMIC SHOCK BLOG

28-05-20009

LUSO-AMERICANO CONDENADO A 17 ANOS DE PRISÃO

Tribunal de Mangualde também põe tio na cadeia

Luso-americano Allan Sharif condenado a 17 anos

O luso-americano Allan Guedes Sharif foi hoje condenado pelo Tribunal de Mangualde a 17 anos de prisão efectiva pelos crimes de burla qualificada, extorsão e branqueamento de capitais que lesaram instituições financeiras de vários países.

Do grupo de oito arguidos deste processo, que começou a ser julgado em Janeiro, apenas foi condenado também a prisão efectiva o tio de Allan Sharif, José Guedes, na pena única de 12 anos, pelos mesmos crimes.

No total, Allan Sharif e seu tio José Guedes cometeram 10 crimes de burla qualificada, nalguns dos casos em co-autoria com os filhos e o genro deste e um amigo da família, Horácio Sousa. Quanto aos 17 crimes de extorsão cometidos, apenas ficou provado o envolvimento do sobrinho e do tio.

Os filhos de José Guedes Nuno, Marisa, Carla e o seu marido Carlos Oliveira foram condenados a um ano e três meses de prisão suspensos por igual período, enquanto à filha Cláudia o tribunal aplicou, em cúmulo jurídico, uma pena de três anos e oito meses de prisão suspensa, mas sob regime de prova. Horácio Sousa foi condenado a três anos de prisão suspensa.

Uma vez que não houve apresentação de queixa, todos os arguidos foram também condenados a pagar ao Estado, solidariamente, 193 278 euros. Allan Sharif terá ainda de pagar ao Estado 96 050 euros e José Guedes 171 661 euros.

O tribunal considerou que os arguidos "não colaboraram de forma à descoberta da verdade", uma vez que José Guedes e Horácio Sousa não prestaram depoimento e os restantes "se limitaram à confissão dos factos já evidenciados por outros meios de prova".

Em declarações aos jornalistas, o advogado de Allan Sharif considerou que, "tendo em conta o que se passou ao longo das várias sessões", a pena do seu cliente foi "demasiado excessiva".

"O acórdão é demasiado extenso, foi lido de forma resumida, vamos analisá-lo", afirmou, garantindo, no entanto, que o recurso é certo.

CORREIO DA MANHÃ 27-08-2010

O PLANO DE COMPRA DO BPP PELA OREY ANTUNES

Banca

Um euro compra dívidas do BPP

Duarte d'Orey propôs a compra do BPP por um euro. Assume passivo, mas seis bancos têm de converter 450 milhões de euros de empréstimos em capital. Diogo Vaz Guedes diz que bens não chegam para pagar aval do Estado

O grupo Orey propôs ontem a compra do Banco Privado Português (BPP) por um euro, assumindo o passivo e activo do banco e de duas empresas da Privado Holding. Duarte d'Orey, líder do grupo, espera agora - para efectivar o negócio - a aprovação do Banco de Portugal e do Governo, já que a operação prevê a conversão do empréstimo de 450 milhões de euros, avalizados pelo Estado, em capital social.

Os seis bancos já terão dado o "acordo tácito" à operação de reconversão da dívida em capital. "A banca recebeu esta proposta com agrado", resume fonte do BPP, adiantando que a "proposta formal" foi entregue ao fim da manhã de ontem no Banco de Portugal, embora o banco central, tal como as Finanças, já tenham, desde há duas semanas, conhecimento informal do desenho da operação. A meio da tarde, Vítor Constâncio referia que ainda não tinha tido tempo para analisar a proposta.

Para os clientes do retorno absoluto, a Orey Financial - o braço financeiro do grupo e autor material da compra do banco - garante o "pagamento da totalidade do capital inicialmente investido", afirma a empresa em comunicado emitido ao final da tarde de ontem, "num prazo compreendido entre cinco e seis anos". Ao mesmo tempo, aos clientes será dado "acesso imediato" a linhas de crédito até 25% do "capital inicialmente investido".

A proposta do grupo Orey para a compra do BPP não prevê a "entrada do Estado português no capital do banco", de acordo com comunicado. Condição que satisfaz Teixeira dos Santos, ministro das Finanças, que, também ontem, deixou claro que rejeitaria a entrada do Estado na estrutura accionista do banco. "Relativamente ao BPP tornamos claro que não é do interesse público que o Estado se transforme em accionista", declarou o ministro das Finanças e da Economia, durante uma visita às instalações fábrica Covilis.

Duarte Orey terá conseguido convencer os seis bancos que emprestaram 450 milhões de euros ao BPP para solver depósitos - Caixa BPI, BCP, CGD, BES, Totta Santander Crédito Agrícola - em participar no capital social do banco de forma "temporária", convertendo o crédito em capital.

A Caixa Geral de Depósitos e o BCP deverão dominar a nova estrutura accionista (foram os bancos líderes da operação, contribuindo, cada um, com 120 milhões de euros no empréstimo), tomando acções com direito a dividendos. Mas a gestão do banco, realça o plano, será controlada por Duarte d'Orey. O banco deverá ainda ser dotado de capital fresco, injectado pela Orey Financial, cuja fonte terá origem num empréstimo avultado junto de um dos bancos subscritores do capital social.

O actual accionista do banco, a Privado Holding, garante que todos - accionistas, clientes e Estado - ganham com a proposta do grupo Orey. A holding, liderada por Diogo Vaz Guedes, "confessa" que num eventual cenário de falência do banco, o aval do Estado teria de ser usado para "ressarcir os bancos credores", já que "o património desonerado seria largamente insuficiente para reembolsar os empréstimos".

O que pensam os clientes do retorno absoluto que se arriscam a encaixar perdas de milhões de euros? Estão divididos entre o "apoio tácito à operação" e uma "expectativa" descrita como "cautelosa", esperando novos dados em relação aos apelidados "depósitos" do retorno absoluto.

Jaime Antunes, líder da Associação Privado Clientes, afirma que "esta solução em comparação com o que existe é boa, mas não é uma solução perfeita", já que "perfeito era receber o dinheiro, congelado há oito meses". A solução do Governo, diz o também investidor e accionista da Privado Holding, "foi abandonar o banco e os clientes".

O advogado Miguel Henrique, da Associação de Defesa dos Clientes BPP, "sem conhecer os detalhes da proposta", afirma, no entanto, que "qualquer negócio está dependente da aprovação dos clientes, a não ser que a parte compradora tenha 500 milhões de euros para injectar e lhes pagar", diz, referindo-se às perdas contabilísticas dos três mil clientes, cuja carteira valia inicialmente 1,3 mil milhões de euros.

por RUDOLFO REBÊLO

11 JULHO 2009

DN BOLSA

DUARTE D'OREY

Herdou um negócio de navegação quando sempre quis ter um banco

Não fosse a determinação e ambição de Duarte d"Orey e quase se poderia dizer que a sua entrada na empresa da família, em 2003, mais parecia um erro de "casting". Aos 32 anos, o jovem gestor assumiu as rédeas de um negócio secular, fundado pelo seu bisavô em 1886 e que cresceu em torno da navegação marítima.

Não fosse a determinação e ambição de Duarte d'Orey e quase se poderia dizer que a sua entrada na empresa da família, em 2003, mais parecia um erro de "casting". Aos 32 anos, o jovem gestor assumiu as rédeas de um negócio secular, fundado pelo seu bisavô em 1886 e que cresceu em torno da navegação marítima.

Duarte herdava um negócio de barcos quando, na realidade, o que sempre quis foi ter um banco. O percurso já vinha a ser feito e a afinidade com a área financeira era, por demais, evidente.

Começou a estagiar na sala de mercados do Citibank era ainda estudante de Gestão na Católica. Aí, fez de tudo, "desde servir cafés a ir a leilões do Banco de Portugal e a experimentar os carros da rapaziada que lá trabalhava", recordou numa entrevista ao Negócios em Novembro de 2005.

Recém licenciado, entra na União de Bancos Portugueses em 1994, instituição que viria a ser comprada pelo Banco Mello para o qual Duarte d'Orey transita ficando como responsável pela área de mercados e, posteriormente, da tesouraria. Foi aí que se cruzou com Luís Pereira Coutinho, o seu "melhor chefe de sempre" e uma figura "fundamental" na carreira.

Em 99, decide lançar-se em voos mais altos e cria o First Portuguese Opportunity Fund, introduzindo novas classes de activos e investimentos alternativos no mercado português. Entre estes, os fundos de futebol que viriam a ajudar a projectar a notoriedade do grupo Orey. Em especial quando, no âmbito de um acordo com o Sporting Clube de Portugal, o fundo passa a deter percentagens de relevo dos passes de vários jogadores, entre os quais Cristiano Ronaldo, que estava na sua carteira quando se concretizou a transferência para o Manchester. Um negócio proveitoso.

O negócio corria bem a Duarte d'Orey. Tão bem que foi no seu músculo financeiro que a família encontrou solução para garantir que o negócio, em risco de ser adquirido por terceiros, pudesse continuar em mãos d'Orey. Mesmo assim, a questão não terá sido pacífica. Mas ao adquirir 12,5% do grupo, que pouco depois crescem para 60% através de uma operação de "leverage buy out", Duarte d'Orey assegura os comandos da empresa. No papel, o grupo Orey compra o First Portuguese Group. Mas na prática, foi como se este tivesse adquirido o grupo. Duarte d'Orey estava longe de ser o tal erro de "casting".

Desde então, a aposta do grupo na área financeira tem sido crescente. E num recente auto-balanço sobre os seus 10 anos de empreendedorismo, Duarte d'Orey voltou a frisar que o foco é claro: "transformar a Orey numa empresa de investimentos". Na última assembleia-geral do grupo, no passado dia 1 de Junho, a Orey aprovou já a venda das suas actividades tradicionais a um fundo de "private equity", constituído pelo próprio grupo. Sob a gestão do Orey Capital Partners ficarão todas as actividades não financeiras.

Bom gestor de passivos

Hoje com 38 anos, casado e pai de cinco filhos, Duarte d'Orey propõe ser a solução para o Banco Privado Português. Se o negócio se concretizar, a troco de um euro, o grupo Orey ficará com um banco que tem a sua credibilidade afectada, um grupo de clientes com investimentos furados e um buraco financeiro que exigiu uma injecção de 450 milhões de euros protagonizada por um consórcio de bancos e com garantia estatal. A missão soa difícil. Mas há quem diga que Duarte d'Orey gosta mesmo de um bom desafio. E mesmo entre aqueles que não morrem de amores por ele, há quem lhe reconheça "brilhantismo técnico" e uma vulgar aptidão para o risco. É um empresário "com uma coragem acima da média, que faz acontecer e que ganha mais do que perde", descreve uma fonte.

A gestão de passivos parece ser um dos seus fortes. E a auto-estima um dos seus grandes activos. Duarte d'Orey é conhecido no mercado como pessoa de grande ego, "muito vaidoso" e esta é uma faceta que gera anticorpos. Por parte de um amigo, a resposta surge pronta: "Dizem mal dele, mas o que têm é inveja!".

13 Julho 2009

Jornal de Negócios

DUARTE D'OREY: AMBICIOSO E DESTEMIDO

Tem apenas 38 anos e um plano para salvar o Banco Privado Português (BPP) da falência. Pragmático mas também intuitivo, serviu cafés no Citibank e geriu uma carteira de acções aos 16 anos.

Estudava no liceu Maria Amália, mas entre uma aula de Matemática e outra de Português Duarte d'Orey, na altura com 16 anos, corria para a Bolsa de Lisboa. O seu pai, que trabalhava no Brasil, tinha-lhe deixado uma tarefa de peso: gerir uma carteira de acções da empresa familiar, a Orey Antunes. Foi o primeiro treino intensivo do adolescente para uma carreira dedicada ao sector financeiro. Hoje, aos 38 anos, o empresário mantém o espírito destemido dos tempos de juventude e propõe-se a acabar com o longo e penoso caminho para a falência do BPP. A proposta de viabilização da Privado Holding, dona do Banco Privado Português, que pretende reembolsar os clientes do retorno absoluto e recapitalizar a instituição, já está nas mãos do Governo e do Banco de Portugal, que devem pronunciar-se no início da próxima semana.

Nascido em Luanda em 1971, Duarte d'Orey não foi um aluno brilhante no liceu, muito menos na Universidade Católica, onde se formou em Gestão de Empresas sem honras nem distinções. Queria trabalhar rapidamente, por isso a meio do curso resolveu telefonar para o Citibank a pedir trabalho. Acenou com a experiência como corretor da carteira de acções do seu pai e disse que gostava de transaccionar no mercado de capitais. Contrataram-no para servir cafés e fazer trabalhos de estafeta. Ganhou tarimba, garante hoje aos seus colaboradores. Foi dealer do mercado monetário, derivados e câmbios no mesmo banco, e esteve na União de Bancos Portugueses, entretanto comprada pelo grupo Mello, onde trabalhou como tesoureiro. Há dez anos arriscou em nome da ambição, mas deu-se mal. Saiu do Banco Mello e criou o primeiro hedge fund português com dez milhões de euros angariados a vários investidores. Por azar, nessa altura, um dos maiores hedge fund dos Estados Unidos - Long Term Capital Management - faliu e deixou uma marca negativa neste tipo de instituições em todo o mundo, incluindo em Portugal. Por contaminação da situação internacional, os investidores portugueses recuaram e Duarte d'Orey ficou apenas com um cliente e um milhão de euros para investir. Em 1999, o empresário fundou o First Opportunity Fund, estabelecendo investimentos alternativos no mercado nacional, e um ano mais tarde nasceu o First Portuguese SGPS, uma das primeiras empresas de gestão de activos do País. Com o objectivo de inovar constantemente, introduziu no mercado fundos de investimentos sobre passes de jogadores de futebol. Os do Sporting foram um sucesso, os do Porto menos, e os do Boavista revelaram-se uma desgraça.

Pouco tempo depois, perante uma disputa na sucessão da Orey Antunes, Duarte d'Orey, que fizera um percurso à parte da empresa que está há 120 anos nas mãos da sua família, lançou uma OPA e adquiriu a instituição procedendo a uma reestruturação assente na criação de sub-holdings por áreas de actividades. A revolução não foi pacífica e alguns familiares não gostaram das novas ideias. Hoje, a empresa está focada fortemente no sector financeiro e cada vez menos nas suas áreas tradicionais (ver caixa).

No trabalho, o empresário invoca muitas vezes os valores do râguebi, desporto que jogou durante anos como federado no CDUL e na selecção: humildade para aprender, solidariedade e lealdade, sacrifício, compromisso e respeito pelos companheiros.

Para descontrair gosta de ao fim-de-semana ir para a quinta que tem no Alentejo ou ficar na sua casa no bairro da Lapa na companhia da mulher, Mónica Lima Mayer Alves Moreira, e das cinco filhas. Acusam-no de ser vaidoso mas uma fonte próxima do empresário disse ao DN que o seu aspecto físico sempre suscitou "inveja". O certo é que não descura a imagem. Até pode ir trabalhar vestido de forma descontraída, mas se tiver uma entrevista agendada com a imprensa muda para um fato mais formal. Viaja em classe económica e prefere gastar mais em bons hotéis e ficar bem instalado.

Os amigos dizem que detesta a exposição pública, excepto quando isso beneficia o seu trabalho, mas evita ser fotografado em eventos sociais. Líder nato, ambicioso, diz que gosta de psicologia e acredita que consegue ler o olhar de qualquer pessoa. Muitas vezes funciona por intuição. Uma vez decidiu comprar uma casa sem a ver por acreditar, pela descrição, que era perfeita. Nos negócios é mais pragmático e calculista e os seus detractores dizem que faz qualquer coisa para que o seu nome fique gravado nos manuais da economia.

por RITA ROBY GONÇALVES

DIÁRIO DE NOTÍCIAS 10 Julho 2009

QUANDO A OREY ANTUNES QUIS COMPRAR O BPP

Caso BPP: Orey Antunes compra BPP por um euro

O Grupo liderado por Duarte d Orey vai entrar no capital da Privado Holding

Concretizou-se o negócio de compra do BPP que o Expresso noticiou em primeira mão, no último sábado. Custo da operação: um euro.

A Sociedade Comercial Orey Antunes informou hoje a Comissão do Mercado de Valores Mobiliários ter adquirido a totalidade do Banco Privado Português (BPP) e de duas empresas holding do Grupo Privado Português pelo preço simbólico de um euro.

"No seguimento do comunicado divulgado no dia 4 de Julho de 2009, a Sociedade Comercial Orey Antunes, S.A. (SCOA) vem informar que acordou hoje a aquisição, pela sua participada Orey Financial, Instituição Financeira de Crédito, S.A. (Orey Financial), da totalidade do capital do Banco Privado Português, S.A. (BPP) e de duas empresas Holding do Grupo Privado Holding (Gest Advisors, Ltd. e Pcapital, SGPS, S.A.), pelo preço total de um Euro", refere a nota enviada à CMVM.

O acordo alcançado encontra-se "sujeito à verificação de determinadas condições, em particular da autorização do Banco de Portugal", adverte o comunicado.

Tendo em atenção a actual situação financeira do BPP, a Orey Financial acordou que "seja de imediato submetido à aprovação das entidades públicas e privadas relevantes, por parte da administração do BPP, um plano de recapitalização para a recuperação e saneamento" daquela instituição bancária.

Simultaneamente, a Orey Financial apresentará um programa de reestruturação do produto "Retorno Absoluto - Investimento Indirecto com Garantia" do BPP que visa assegurar aos clientes que subscreveram este produto uma solução de recuperação a médio prazo do capital investido, refere a nota à CMVM.

A aquisição do BPP e das duas sociedades pela Orey Financial enquadra-se na estratégia já anunciada de "centrar a actividade do Grupo Orey na área financeira, desenvolvendo as actividades não financeiras através de um fundo de Private Equity, denominado Orey Capital Partners", conclui o comunicado.

Negócio precisa de parecer do Banco de Portugal
O porta-voz da Associação Privada de Clientes, Jaime Antunes, comenta que a compra do Banco Privado Português (BPP) "é uma boa notícia", mas está "dependente do parecer das entidades oficiais", como o do Banco de Portugal.

O porta-voz dos clientes reforça que "uma mudança accionista num banco precisa do parecer favorável, vinculativo e decisivo do Banco de Portugal", que "ainda não se pronunciou". Para Jaime Antunes, "sempre que há uma perspectiva de solução para o banco, é uma boa notícia".

"A solução do Governo foi abandonar o banco e os clientes. Esta solução [compra do banco] em comparação com o que existe é boa, mas não é uma solução perfeita, porque perfeita era receber o dinheiro que lá está e está congelado há oito meses", refere.

Entretanto, o representante dos clientes do BPP Durval Padrão diz ter esperança de que a situação dos depositantes "evolua no bom sentido" após a aquisição do banco anunciada pela Sociedade Comercial Orey Antunes.

10 de Julho de 2009

I ONLINE
Comunicado

Domus e Orey cancelam aliança

Duarte d'Orey ofereceu um euro para comprar o BPP

A compra de 25% da Orey Financial pela Domus, vista como uma aliança para a eventual compra do BPP e do BPN, não se vai concretizar.

"A Sociedade Comercial Orey Antunes informa que o acordo para a abertura de 25% do capital da sua participada Orey Financial ao Grupo Domus não se irá concretizar nos moldes anunciados", lê-se num comunicado enviado ao regulador do mercado, onde se justifica o cancelamento do negócio com a "actual conjuntura macroeconómica menos favorável".

A aliança entre o Grupo Orey e a Domus fora anunciada em Dezembro do ano passado, surgindo depois dos dois grupos terem manifestado interesse no BPP e no BPN. A Orey tinha oferecido um euro pelo BPP e a Domus assumido publicamente estar de olho no BPN.

O acordo entre os dois grupo é agora limitado ao "objectivo de analisar e explorar oportunidades conjuntas num modelo de parceria e colaboração contínua, nomeadamente na área de gestão de créditos vencidos, em particular no mercado brasileiro, e na área dos fundos imobiliários".

I ONLINE 24/08/10

Pedro Latoeiro

DUARTE D'OREY: O HOMEM QUE QUIS SALVAR O BPP

Banca

Duarte d'Orey

Quem é o gestor que quer salvar o Banco Privado Português?

É o rosto da revolução que transformou o centenário grupo Orey Antunes na holding financeira que quer ser a solução para impedir a falência do BPP.

Parece ter-se aberto um caminho para se encontrar uma solução para o Banco Privado Português (BPP). O futuro de accionistas, de clientes e do banco, entre os quais estão figuras mediáticas como o novo treinador do Benfica, Jorge Jesus, passa agora pela Orey Antunes, sociedade com mais de um século de existência e que na última década passou de empresa familiar da área de navegação para instituição financeira dinâmica e arrojada. Características bem vincadas na personalidade do seu líder Duarte d' Orey que, aos 38 anos, não esconde a ambição de fazer da Orey Antunes um dos grupos financeiros de primeira linha em Portugal.

"É metódico e inteligente como muitos, mas corajoso e ambicioso como poucos." As palavras são de um dos colaboradores mais próximos do gestor na Orey Financial, a sub-holding financeira do grupo Orey Antunes que Duarte d'Orey "assume como uma aposta pessoal", assegura. "Sagaz e perspicaz". São outras das expressões usadas para descrevê-lo.

A confirmação das negociações com a Privado Holding, dona do BPP, não surpreende. "Além de um bom negócio, o Duarte também gosta muito de ter visibilidade pública", garante o mesmo colaborador. Foi, justamente, isso que conseguiu quando em 2002 lançou os primeiros fundos de investimento em futebol, através do First Portuguese Group, entretanto integrado na Orey Financial, e que há ano e meio garantiram-lhe presença na capa do "Wall Street Journal". Antes tinha passado pelo Banco Mello e foi pioneiro em operações com hedge funds (fundos de cobertura de risco).

Através de participações em passes de jogadores de futebol do Sporting, Porto e Boavista, Duarte d' Orey afirmou-se no sector da gestão de activos nacional. Mas a ambição era maior e acabou por ganhar o controlo accionista da empresa familiar Orey Antunes, na sequência do lançamento de uma oferta pública de aquisição. O processo de ascensão terá criado alguma divisão dentro do numeroso núcleo de accionistas familiares.

Com a chegada à presidência, em 2003, Duarte d' Orey põe em marcha uma reestruturação que passou pela criação de sub-holdings por áreas de actividade. Aquele que foi o seu negócio tradicional, o agenciamento de armadores internacionais perde peso, até porque foi afectado pela crise no mercado da marinha mercante que levou os grandes armadores a cortarem nas comissões às agentes locais. A Orey ainda mantém operação na área da navegação, mas a gestão de activos tem vindo a ganhar importância e será no desenvolvimento desta vertente que se insere o interesse no BPP.

Ainda recentemente, o grupo revelou mais um passo na refocagem de actividades que passa pela venda das participações nas áreas não financeiras. Foi anunciada a alienação das sociedades Orey Antunes Agencies, Orey Antunes Technical, Orey Antunes Shipping e Orey Antunes Internacional a um fundo de capital de risco por um valor global de 33,3 milhões de euros. O objectivo, explicado após a assembleia-geral de 1 de Junho, é a transformação da Orey numa holding de investimentos constituídas por participações em empresas e investimentos no mercado financeiro, incluindo fundos de private equity, fundos imobiliários e fundos mobiliários. Uma estratégia que aproxima o grupo do BPP.

Publicado em 06 de Julho de 2009

I ONLINE

DUARTE D'OREY: APRENDI MUITO COM O PROCESSO DO BPP

Entrevista

Se Deus quiser nunca hei-de passar fome, porque sei fazer muitas coisas

Duarte D’Orey, 38 anos, empresário na área financeira, surpreendeu pela coragem e capacidade de apresentar soluções para a complicada situação do BPP. O negócio não se concretizou, mas considera que valeu a pena. Inovador, foi capa do “Wall Street Journal” no dia em que lançou o primeiro fundo de passes de jogadores de futebol a nível mundial. Nunca deu uma entrevista em que falasse da vida privada. Aceitou o desafio e a conversa fluiu naturalmente.

Qual é a ressaca do negócio do BPP?

[sorriso] A ressaca é positiva e tudo tem o seu lado bom. Eu olho sempre para o lado positivo das coisas, mesmo quando elas não acontecem como eu gostava que acontecessem. Foi o caso.

Para si não era evidente que o desfecho fosse negativo para as suas pretensões?

Não, longe disso. Acho que a história ainda não acabou e, apesar de tudo, aprendi imensas lições e estou muito contente com isso.

O que é que aprendeu?

Conheci muitas pessoas que não conhecia e descobri gente encantadora e muito competente. Por outro lado, aprendi que a política é muito mais complicada do que parece e tem um modus operandi diferente do dos negócios, que muitas vezes não consigo entender.

Qual seria a lógica natural de evolução do processo BPP?

Como considero que é um tema que não está fechado, prefiro não falar mais dele agora. Independentemente do desfecho que venha a ter, todo o processo foi muito positivo, porque aprendi imenso.

O facto de parecer muito novo tem prejudicado a carreira profissional?

[sorriso] Não me prejudica nada. Pelo contrário: às vezes até sou subestimado em termos negociais, mas ao fim de 30 segundos percebem logo com quem estão a falar.

Acha que as pessoas esperam menos de si por ter o ar que tem?

Por vezes chegam a achar que são favas contadas. Já não me chamavam "menino" há uns anos, mas antigamente também chamavam e depois arrependiam-se. Não tenho problemas nenhuns com o ar que tenho nem com o facto de ser novo. Já fiz muita coisa e sempre dei provas com factos. É assim que vou continuar. Um dia hei-de ser velho e não tenho medo disso.

A partir de que idade se é velho?

Não sei. A idade é um estado de espírito e, nesse sentido, espero nunca ser velho. Para mim, ser velho de espírito é passar a vida a olhar para o espelho retrovisor. Eu olho quase sempre pelo pára-brisas. 90% do meu tempo é a olhar para o pára-brisas e 10% para o retrovisor. Envelhecemos quando passamos tanto tempo a olhar para o espelho retrovisor que não conseguimos guiar o carro.

Aos 38 anos, com cinco filhas e um percurso profissional tão cheio, qual é a sua obra maior?

A minha família! Profissionalmente valorizo o conjunto das coisas, mas gostei particularmente de fazer o primeiro hedge fund em Portugal em 1999. Foi começar do zero e foi o meu arranque como empresário. Também me deu um prazer especial fazer a OPA sobre a Orey Antunes em 2003. Houve uma solicitação familiar para ajudar numa transição de gerações e resolver um conflito, eu respondi a esse chamamento e acho que consegui resolver o problema. Também me deu imenso gozo comprar a Agemasa Global, que era uma operação que estava completamente perdida e no dia em que ia ser comprada decidimos ir a Madrid tentar 'entrar nos sapatos do comprador'.

Essa expressão - 'calçar os sapatos dos outros' - é dos índios, que acreditam que só conseguimos perceber verdadeiramente os outros quando calçamos os seus sapatos. Usa-a com este sentido ou por pertencer à sua gíria profissional?

[sorriso] Por acaso entrei nos sapatos de um comprador que era indiano, mas a quem os espanhóis chamam índios. Tomei a posição que ele ia tomar, entrei na sua posição contratual e, depois, fui negociar com o vendedor.

Ser pai de cinco raparigas é obra. Qual é o sentimento de um homem cuja vida familiar é rodeada de mulheres?

É uma grande obra [risos]. E é um sentimento fantástico. As minhas filhas não são minhas no sentido da posse, vieram simplesmente através de mim, e o meu papel é educá-las. Dar educação é dar ferramentas para que elas consigam mais tarde seguir o seu caminho, viverem, sobreviverem, serem felizes, fazerem outros felizes, encontrarem-se a elas próprias, poderem ajudar os outros, enfim... tudo isso.

A vida surpreendeu-o com cinco filhas, ou não?

[risos] A vida deu-me provavelmente aquilo de que eu precisaria. Aceito com humildade o que recebi da vida e adoro ser pai das minhas filhas. São maravilhosas, espectaculares, cheias de alegria e de personalidade. Revemo-nos aos bocadinhos nelas, mas é como se elas nos devolvessem um 'nós' melhor.

O que é que as suas filhas lhe revelaram sobre si próprio?

Imensas coisas. Elas têm uma maturidade brutal, que nunca esperaria nestas idades (entre os três e os 13). Todos os anos fazemos uma avaliação do pai: eu pergunto-lhes se acham que sou justo, se estudo com elas, se passo tempo suficiente em casa, e elas dão-me notas.

Como é que tem sido a sua avaliação?

De uma forma geral tem sido boa [risos]. Elas não são suficientemente imparciais!
Nada. Acabam sempre por me dar melhores notas do que mereço. Mas as mais velhas começam a ser mais objectivas na avaliação e isso também me dá sinais.

Tem tempo para a vida de família?

A minha mulher é um pilar na educação das nossas filhas e liberta-me tempo para o trabalho. Normalmente estou livre ao fim-de-semana, de manhã tomo quase sempre o pequeno-almoço em casa e à noite ainda consigo estar com a família à hora do jantar.

Ao contrário do que muitos imaginam quando olham para si e vêm apenas um homem novo, bonito, rico e com sucesso, também viveu situações muito dramáticas. Ficou marcado?

Vivi momentos muito bons e momentos muito maus e todos me marcaram. Já estive em ambos os lados da vida e estou perfeitamente tranquilo numa ou noutra circunstância. Tive um pai excepcional e tinha uma relação muito afectiva com ele. Herdei dele aquilo que nunca ninguém me vai poder tirar: uma educação fantástica. Não herdei dinheiro mas herdei uma educação que me permitiu trabalhar e construir tudo o que construí até agora. Não é muito mas é meu, fui eu que o fiz e ninguém me deu nada.

Como era o seu pai?

Era uma pessoa com uma profundidade invulgar, falava sete línguas, era um estudioso de literatura, da Bíblia, das várias culturas, adorava autores russos, ouvia canto gregoriano, tinha uma personalidade forte e uma capacidade de amar enorme. Era um ser humano excepcional, com uma sensibilidade, uma inteligência e uma profundidade intelectual como nunca conheci ninguém. Existia entre nós uma afectividade gigante e ele deu-me a capacidade de sonhar, de pensar, de ver e de criar. A minha mãe é mais "pés no chão", deu-me um espírito mais pragmático e a capacidade de executar. Sou uma combinação destes genes.

A morte do seu pai marcou um antes e um depois na sua vida, portanto.

Perdi o meu pai há sete anos, mas tive a felicidade de ele me morrer nas mãos. Tinha sido operado, estava nos cuidados intensivos, e nesse dia senti que ele estava à espera de mim para morrer. Dei-lhe a mão e disse: "Pai, pode ir embora que eu estou aqui." Passado pouco tempo as máquinas começaram a apitar e ele começou a ir embora. Eu sinto que entreguei o meu pai nas mãos de Deus. Foi uma honra ele ter morrido de mãos dadas comigo, senti-me honrado com isso. Foi, ao mesmo tempo, um momento de dor e de perda, mas também maravilhoso, em que o sentimento é ter entregue um pai que parte com a missão cumprida.

Quantos irmãos tem?

Éramos três. No ano a seguir perdi o meu irmão mais velho de forma trágica e isso foi uma grande violência. Foram duas mortes muito próximas. Não era suposto sentar-me à cabeceira da mesa com a minha mãe e, no espaço de um ano e um mês, passei de número três na hierarquia dos homens lá em casa para número um. Foi brutal.

Mudando radicalmente de assunto: há pouco sugeriu que não é rico, mas há quem ache que é muito rico...

[risos] Para mim, a utilidade marginal do dinheiro é negativa, este é um dos conceitos que tem pautado a minha vida de empresário: só tenho uma boca, o dia só tem 24 horas, as minhas filhas não comem mais bifes e, por isso, o dinheiro para mim é um tema que não aquece nem arrefece.

Isso é fácil de dizer quando não falta dinheiro...

Mas repare que já me faltou dinheiro. Já passei por isso. Vivi com muito pouco dinheiro quando tinha 16 anos e não era menos feliz por isso. Não passei fome, mas não havia dinheiro nenhum para gastos supérfluos.

Podemos considerar pouco dinheiro para a sua condição social, é isso?

Não, podemos considerar objectivamente pouco dinheiro. Mas gostava de retomar o conceito de utilidade marginal do dinheiro para dizer que a partir do momento em que se atinge um determinado conforto e qualidade de vida, isso não implica maior utilidade. Ou seja, passamos a fazer as coisas por um bem maior que não é o dinheiro e este passa a ser uma consequência.

A partir dessa margem de conforto qual é o critério?

A partir daí o jogo muda e é fantástico porque passamos a pensar não naquilo que me vai trazer mais dinheiro mas naquilo que me vai fazer feliz e sentir mais realizado. Isto, aplicado em termos empresariais, em projectos que me realizem, que acho bons e em que acredito. Projectos que permitam criar empregos e potenciar o desenvolvimento. Existe uma série de outros valores em que acreditamos e que se forem bem feitos podem criar imensa riqueza.

O que me está a dizer é que se sente livre para medir os seus lucros não apenas pelo dinheiro que ganha mas pela quantidade de postos de trabalho que cria e de projectos que sustenta? Essa é a lógica dos empreendedores sociais. Mas é também a sua?

Quando tudo isso é bem feito, o dinheiro vem como consequência. Por outras palavras, quando o critério é exclusivamente o dinheiro, tomam-se decisões muito mais de curto prazo. De outra forma conseguimos tomar mais decisões de médio e longo prazo. Conseguimos ir atrás de projectos menos prováveis mas com um valor intrínseco maior.

Não toma decisões em função do dinheiro?

Não tomo decisões com base na ideia de maximizar o dinheiro. Se tomasse as minhas decisões segundo esse critério, hoje não estaria onde estou.

Era mais rico?

Em Junho de 2007 era certamente mais rico, mas hoje até estaria provavelmente mais pobre.

Não teria conseguido atravessar a crise?

Se calhar na crise tinha-me magoado. Nunca teria feito o negócio da Orey, ter-me-ia focado muito mais na área financeira e a um nível institucional. Teria seguido de outra maneira, teria ganho mais dinheiro e até teria uma dimensão maior, mas se calhar nesta crise tinha apanhado forte e feio e poderia estar fora de jogo como alguns estão. A curto prazo teria ficado mais rico, mas agora poderia estar pior do que estou.

"Greed and fear" é uma lógica que reina no mundo das finanças em que as pessoas oscilam entre a ganância e o medo de arriscar. Como é que lida com esta amplitude de atitudes?

Medo, não tenho. Só temo a justiça divina. Ganância também não, na medida em que, como já disse, a utilidade marginal do dinheiro para mim é negativa. Tenho, por princípio, nunca fazer aos outros o que não gostava que me fizessem a mim. Essa é a minha ética nos negócios. Ser banqueiro não é apenas ter uma licença bancária, é ser confiável e também ser capaz de confiar. Quem não é capaz de confiar, não é confiável.

Enquanto banqueiro como lida com o descrédito que fatalmente vem associado ao caso Madoff e, noutra escala, aos casos nacionais?

Madoff não era banqueiro no sentido em que ele não confiava. Em teoria era confiável mas a sua prática provou o contrário. As pessoas confiavam nele mas ele não confiava em ninguém, na medida em que confiar é dar crédito. Ser confiável é receber depósitos. O banqueiro, no sentido estrito da palavra e no modelo clássico de banco, é alguém que, por um lado, é confiável para receber os depósitos das pessoas mas, depois, também é capaz de confiar nas pessoas para lhes dar crédito. Nesta lógica o verdadeiro banqueiro tem de saber confiar.

Como é que o cidadão comum sabe se este ou aquele banqueiro são realmente confiáveis?

A banca tradicional não foi tão afectada como a área financeira, nomeadamente os gestores de fundos como o Madoff. Na banca à antiga, digamos assim, a confiança não foi tão afectada, aliás os depósitos aumentaram significativamente nas instituições. No nosso modelo de negócio tentamos encontrar pessoas com talentos e confiar nelas, dando-lhes crédito e também capital. As pessoas percebem que se sabemos confiar é porque também somos confiáveis.

O que é que se imagina a fazer durante toda a vida?

Isto. Ser banqueiro, receber depósitos e dar crédito. Sempre quis ser banqueiro e sempre mexi com dinheiro.

Que outros talentos tem?

[pausa] Sou óptimo cozinheiro, posso ser skipper de barco, equitador, instrutor de esqui de neve, guia turístico, tradutor de inglês... [risos] Se Deus quiser nunca hei-de passar fome, porque sei fazer muitas coisas. A minha atitude é fazer tudo de forma honrada e andar sempre de cabeça erguida. Não tenho quaisquer problemas em fazer o que quer que seja

Quando cozinha, o que é que cozinha?

Um pouco de tudo. Entre o Natal e o Ano Novo faço sempre umas perdizes de escabeche e uns faisões com vinho tinto, que eu próprio caço. Mas também adoro bacalhau à Brás, bacalhau na brasa, migas à alentejana, enfim, gosto muito da cozinha portuguesa tradicional. Faço uma boa sopa de peixe.

Acha-se bonito?

Não me acho feio, mas também não me acho especialmente bonito [risos].

A imagem que os outros têm de si confere com aquilo que realmente é ou há margem de erro na leitura?

Acho que a leitura que fazem de mim é bastante diferente daquilo que sou. Há quem ache que sou muito frio, muito pragmático, arrogante, calculista e até um pouco agressivo, mas é uma leitura distorcida.

É a sua maneira de criar distância, de se proteger?

Não, eu não crio distância. Sei que tenho traços diferentes dos portugueses. Aqui sou diferente, mas na Suécia sou igual aos outros todos. Por outro lado, sou muito directo e frontal, olho as pessoas nos olhos, entro nos sítios e olho à minha volta, vejo o que se passa, quem está. Não olho com agressividade, simplesmente olho a direito, faço perguntas, gosto de ser frontal e isso pode ser confundido com provocação e arrogância. Não gosto de perder tempo nem de fazer ninguém perder tempo e vou directo aos assuntos. Por vezes, confundem firmeza com frieza.

O que é a felicidade para si?

É um percurso de liberdade positiva no sentido da liberdade interior que nos permite fazer escolhas independentemente das pressões sociais. Gostava de fazer uma volta ao mundo de barco à vela porque gosto muito do mar e ele dá-nos a verdadeira dimensão de quem somos. Gosto de me sentir pequeno e o mar dá-me isso. Uma coisa boa dos mercados financeiros é que nos dão humildade todos os dias e eu gosto disso.

I ONLINE

por Laurinda Alves, Publicado em 27 de Agosto de 2009

HP MAIS "SEXY" APÓS A SAÍDA DE MARK HURD

A perda de valor das ações devido ao escândalo sexual protagonizado pelo presidente executivo Mark Hurd deixou os títulos da empresa apetecíveis para os investidores.

A saída de Mark Hurd fez as acções da HP perderem mais de 13%

A Hewlett-Packard (HP), conhecida dos consumidores e dos investidores devido à sua forte presença no mercado de computadores e impressoras, tem andado nas bocas do mundo devido à saída do seu presidente executivo, Mark Hurd , por este ter alegadamente falsificado relatórios de despesas de jantares com uma consultora do departamento de marketing que depois o acusou de assédio sexual. Em consequência, a saída de Mark Hurd fez as ações da empresa perderem mais de 13% nas sessões entre 9 e 12 de Agosto, o equivalente a onze mil milhões de euros em termos de capitalização da empresa.

O peso de Hurd

Que razões levaram a este pânico por parte dos investidores da empresa? Mark Hurd foi nomeado presidente executivo da HP em Março de 2005, após a compra da Compaq pela HP ter gerado resultados inferiores ao esperado, o que levou à substituição de Carleton Fiorina , presidente executiva na altura. Desde então a empresa obteve subidas nas suas receitas e lucros, tendo passado de 68 mil milhões para 83 mil milhões de euros de receitas, entre 2005 e 2009, a que correspondeu um aumento no lucro de 1894 milhões para 5613 milhões de euros no mesmo período.

Neste período a HP efetuou vários cortes de despesas e focou-se no fornecimento de serviços e desenvolvimento de software, que passou de 38% das receitas para 46%, devido às fracas perspetivas da área de negócio das impressoras e digitalizadores. Esta área viu o seu peso diminuir de 28% para 20%, entre 2005 e 2009. Mas, além do corte de custos, a HP também apostou no crescimento por aquisições, tendo adquirido em 2008 a Electronic Data Systems, fornecedora de soluções de software e em 2010 a Palm, considerada por muitos como a empresa mãe dos PDA, personal digital assistants.

4 razões para investir

Esta descida das ações é interpretada por muitos analistas e comentadores como uma altura ideal para se tornar acionista da HP ou aumentar o número de ações detidas. De acordo com um artigo publicado no site do MarketWatch , existem quatro razões principais para "apostar" na HP. A principal é que embora Mark Hurd seja considerado um excelente presidente executivo, as ações desenvolvidas no seu mandato foram bastante ajudadas pela diretora financeira, Cathie Lesjak , considerada como alguém com grande experiência em cortar custos de maneira rigorosa. Lesjak mantém-se na empresa como próxima presidente executiva interina. A segunda razão é que a variação de -13% verificada nas ações da HP foi acompanhada por uma queda de 5% no índice Nasdaq, índice que agrupa a maior parte das empresas de cariz tecnológico. Isto é interpretado como um sinal de que as vendas massivas por parte dos investidores da HP não foram um caso isolado no setor.

As outras duas razões indicadas são a venda de ações que Mark Hurd detinha da HP, operações que realizou em Novembro de 2009 e em Maio deste ano e que "assustaram" os investidores, contribuindo para a descida registada na semana passada. No entanto, para Hilary Kramer, analista que escreveu o artigo do MartketWatch, esta venda poderá ser interpretada como uma premonição de Hurd que o seu comportamento no passado poderia influenciar a evolução das ações da empresa de que era presidente executivo. A última razão de acordo com a analista é que analisando a empresa, a HP tem comprado empresas de armazenamento e de serviços em rede que permitem atrair negócios dos clientes com necessidades mais complexas de TI, uma área com grande crescimento previsto. A compra da Palm vai também permitir à empresa concorrer com a Apple e a HTC, entre outras, no negócios dos telemóveis de 3ª geração.

A HP foi fundada em 1939 em Palo Alto, uma cidade norte-americana situada no estado da Califórnia. As atividades desenvolvidas pelos seus fundadores, Bill Hewlett e Dave Packard , foram começadas numa garagem que é hoje referida como o local de nascimento do Silicon Valley , local onde se encontram as sedes de empresas de tecnologias de informação tais como Apple, Google, Intel, Cisco, Adobe, Oracle e Yahoo, entre outras

Luis Caleira Marques (www.expresso.pt)
16:10 Sexta feira, 20 de Agosto de 2010

EXPRESSO ONLINE

JOSÉ MIGUEL JÚDICE EXIGE QUE DUARTE LIMA ENTREGUE O DINHEIRO

Caso Feteira

"Duarte Lima tem de entregar o dinheiro da herança Feteira"

O advogado da filha de Tomé Feteira quer reaver dinheiro da herança

Duarte Lima diz que há uma "mão" a conduzir as notícias que o envolvem no homicídio de Rosalina Ribeiro

Se continuar em silêncio sobre o paradeiro do dinheiro que Duarte Lima terá recebido de Rosalina Ribeiro, o ex-deputado do PSD estará a prejudicar-se, acredita José Miguel Júdice. "Ele devia explicar as coisas, é do interesse dele", defende o advogado da filha de Lúcio Tomé Feteira, Olímpia de Menezes, em declarações ao i. "Já se confirmou que recebeu dinheiro da cliente [Rosalina Ribeiro] e se não o declarou é porque não é dele. Não sendo dele, ou é da Rosalina Ribeiro ou é da herança", argumenta Júdice, acrescentando que, ao manter o dinheiro, Duarte Lima estará a "levantar suspeitas" em relação ao seu envolvimento no caso do homicídio da portuguesa, em Dezembro do ano passado no Brasil.

Por agora, o principal interesse da filha de Tomé Feteira e dos restantes herdeiros do empresário de Vieira de Leiria é, segundo o advogado, reaver a parte da herança em que Rosalina terá mexido. "A única coisa que quero neste momento é que devolvam a herança e se o Duarte Lima quiser que a sua implicação no caso fique clara, que entregue, então, o dinheiro", desafia José Miguel Júdice.

Duarte Lima quebra silêncio Duarte Lima acredita que há "uma mão" a conduzir as notícias que o envolvem no caso da morte de Rosalina Ribeiro. "Não me lembro na minha vida de assistir a uma montagem tão vil e tenebrosa", disse ontem, na primeira entrevista que deu sobre o caso. Questionado por Judite de Sousa, na RTP, sobre quem estará a conduzir essa montagem, o ex-deputado do PSD ficou em silêncio.

Duarte Lima recusou-se a responder a várias perguntas, invocando sigilo profissional e avisou que não falaria sobre detalhes processuais. Também se recusou a comentar as movimentações financeiras com Rosalina Ribeiro, mas garantiu que tiveram sempre "proveniência de contas que lhe pertenciam e que ela podia movimentar".

Sobre a noite em que Rosalina Ribeiro morreu, o advogado revelou que nunca esteve previsto nenhum jantar e voltou a dizer que não se lembra do sítio onde se encontrou com a ex-secretária. Sobre o facto de ter percorrido uma distância de 500 quilómetros de carro entre Belo Horizonte e o Rio de Janeiro, Duarte Lima justificou-se, dizendo que esteve por três vezes em Belo Horizonte por razões "pessoais e profissionais" em 2009 e que costuma fazer longas viagens de carro, até por ser "mais seguro" do que viajar de avião. O ex-deputado adiantou ainda que Rosalina Ribeiro tinha telemóvel nessa noite e que estava a "conduzir negociações a título pessoal". Sobre ter deixado Rosalina, de noite, com Gisele, garantiu não ter achado estranho porque "havia uma relação natural e espontânea" com a mulher e negou não ter colaborado na elaboração de um retrato-robô, alegando que a polícia brasileira não lho pediu.

Duarte Lima disse ainda que sabe a quem não interessaria a morte de Rosalina: "Aos seus advogados, que perderam o patrocínio de uma causa relevante."

I ONLINE

por Rosa Ramos, Publicado em 27 de Agosto de 2010